TFR in busta paga chiesto da 6 su 100

Scarsa l'adesione alla richiesta del TFR in busta paga a partire dal mese di marzo. Si pagano più tasse e si mette a rischio il futuro delle proprie finanze personali.

TFR in busta pagaDal primo marzo e fino al mese di giugno 2018, dodici milioni di lavoratori del settore privato in servizio da almeno sei mesi potranno scegliere di ricevere ogni mese in busta paga il trattamento di fine rapporto(TFR). Quanti lavoratori hanno aderito?

A oggi solo 6 dipendenti su 100 lo hanno richiesto e solo un ulteriore 11% lo vorrebbe chiedere entro la fine dell’anno. Lo afferma Confesercenti in base a un sondaggio. Secondo l’associazione l’83% dei dipendenti lascerà il TFR nell’impresa. Il dato è confermato dalle imprese: l’82% di esse, infatti, non ha ricevuto e ritiene che non riceverà richieste di TFR in busta paga. La mancata adesione è dovuta in primis alla volontà di salvaguardare la liquidazione. Ottenere i soldi del TFR subito vuol dire smettere di guardare al futuro. Il motivo? Il TFR rappresenta un salvagente in caso di licenziamento o quando si va in pensione. Lo stesso Consiglio di Stato ha espresso delle perplessità.

Tra l’altro, il “regalo” di Matteo Renzi potrebbe diventare una vera e propria fregatura: i soldi in più potrebbero far sforare la fatidica soglia per ricevere il bonus IRPEF(i famosi 80 euro). Senza contare che si rischia di perdere il diritto ai servizi sociali agevolati, alle detrazioni fiscali e agli assegni familiari. Ma non finisce qui. Oggi il TFR ha una tassazione separata, se lo metti  in busta paga lo riporti ad una tassazione maggiore. Un reddito di 18 mila euro lordi, otterrà un bonus annuo di 957 euro, ma al posto del 23% dell’aliquota IRPEF pagherà il 27%. Stessa aliquota, anziché il 23,9%, anche per quanti guadagnano 23 mila euro con un TFR annuo di 1.209 euro. Mentre un reddito di 35 mila euro, con TFR di 1.806 euro, pagherà il 38% anziché il 25,3%.

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