Il cavallo di ritorno

Cavallo di ritorno auto Il quotidiano “La Repubblica” ha deciso di fare uno scoop, portare alla ribalta mediatica la “pratica” del “cavallo di ritorno” con l’articolo “Il racket delle vetture rubate”.

Per chi non lo sapesse, il cavallo di ritorno è una pratica illegale che prevede il pagamento di un riscatto da parte di chi ha subito un furto per riottenere l’auto. Questa pratica è molto diffusa in molte città del sud(come dimostrano i commenti all’articolo), stranamente però il giornalista Elio Scribani scrive che è una “griffe del made in Naples”. Il giornalista scrive che questa pratica è stata inventata a Secondigliano e sarebbe l’attività più redditizia dopo il traffico di droga.

Una cosa che non scrive il giornalista è come i criminali rubano l’auto al malcapitato. Di solito i criminali utilizzano una pistola per impressionare il guidatore, soprattutto quando l’auto ha un antifurto antirapina. Da un po' di tempo però i rapinatori utilizzano un’altra “tattica”. Mentre si è alla guida dell’auto c’è un uomo su un scooter che segnala al guidatore di aver perso un pezzo dalla propria auto(di solito la targa). Se il malcapitato si ferma, in un batter d’occhio si ritroverà con un auto in meno…

Ma ritorniamo al “cavallo di ritorno”. Nell’articolo ci sono tre intercettazioni telefoniche che fanno capire come il criminale intimidisce colui che ha subito il furto. Nella prima intercettazione, il malcapitato accetta subito il ricatto e si dice pronto a pagare 1.800 euro per riavere la sua auto. Nella seconda, il malvivente si arrabbia perché il “cliente” si presenta con altre due persone. Infine, la terza è l’intercettazione più “strana”. 

Il taglieggiatore viene contattato su un cellulare dalla vittima, ma si tratta, in realtà, del cognato del derubato, anch'egli un uomo di strada, che cerca di far valere le proprie amicizie per non pagare la tangente o avere uno sconto sui 1500 euro richiesti.

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