Quale futuro ci attende con l’euro?

Tutti parlano di cosa accadrebbe uscendo dall'euro e non di quale futuro ci attende con l'euro. Sarà prosperoso?

L'euro farà crescere la povertà?La campagna elettorale per le elezioni europee è entrata nel vivo. Nei talk show politici e sui media si parla quasi esclusivamente di euro. Ahimè, ho notato un’informazione pilotata anche in questo caso. Tutti parlano di scenari apocalittici con l’uscita dall’euro, l’ultimo è “L’Espresso”.

Cosa succede se torna la lira: tutti i rischi di dire no all’euro”. E’ il titolo dell’articolo di Maurizio Maggi pubblicato ieri(28 maggio) sul settimanale di Carlo De Benedetti. Il giornalista scrive: “Prezzi alle stelle. Mutui triplicati. Inflazione senza freni. Dazi e meno soldi in tasca. Se l’Italia dovesse davvero uscire dalla moneta unica gli esperti prevedono uno scenario da incubo”. Gli “esperti” sarebbero manager, industriali e banchieri, cioè tutte quelle persone che si stanno arricchendo con l’euro. Forse avranno anche ragione su alcuni punti, ma questi tizi non menzionano che uscendo dall’euro l’Italia tornerebbe ad avere sovranità monetaria. Ma lasciamo stare.

La mia questione è un’altra: perché nessuno dice quale futuro ci attende con l’euro? La domanda non è difficile, basta guardare i dati attuali su consumi, PIL, disoccupazione e debito pubblico. I primi due sono crollati, mentre gli altri due sono schizzati negli ultimi due anni(da dicembre 2011 a dicembre 2013). E’ emblematico il dato sul debito pubblico: è cresciuto di 170 miliardi di euro nonostante l’austerity imposta dalla Troika. Nello stesso periodo la disoccupazione è passata dall’8,9% al 12,7%(a febbraio 2014 è arrivata al 13%). Nei prossimi 10 anni diventeremo tutti più poveri, non lo dico io ma un documento della Commissione Europea. Nel 2015, inoltre, in Italia entra in vigore il fiscal compact che potrebbe far svanire nel nulla la lieve ripresa(economica) prevista.

Davide De Luca su “Strade” scrive: “Per rientrare nelle regole del Fiscal Compact bisognerebbe ridurre il debito di circa 27 miliardi nel 2015”. La cifra viene fuori con il debito pubblico a 2.148 miliardi di euro e il rapporto debito/PIL al 131,82%. Basterebbe una crescita del PIL nominale¹ del 2,5-3% per rientrare nelle regole della riduzione del debito senza dover spendere nemmeno un euro. Un obiettivo quasi irraggiungibile nel 2015. Dove prenderanno i soldi? Facendo tagli nel pubblico. Ci sono due alternative: taglio degli stipendi o licenziamenti. La prima ipotesi è quella più concreta, visto che la retribuzione media nel settore pubblico è il 48,89% maggiore rispetto a quella del settore privato. Quando non puoi svalutare la moneta, svaluti gli stipendi. Fiscal compact, pareggio di bilancio e deficit al 3% sono un cappio al collo per l’Italia.

¹ E’ il PIL reale più l’inflazione

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