Cgia: Banche nord Europa piene di derivati

In Germania i derivati pesano il 20% del totale attivo, mentre in Italia appena il 5%. E' quanto emerge da un rapporto della Cgia di Mestre.

Le banche della Finlandia, della Gran Bretagna e della Germania hanno più del 20% del loro attivo in derivati mentre in Italia questa quota è del 5,3%, ovvero meno della metà rispetto alla media dell’Unione Europea(12,9%). Lo afferma l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato gli ultimi dati forniti dall’Autorità bancaria europea(EBA), relativi a marzo del 2016.

I derivati sono strumenti finanziari complessi il cui valore dipende dall’andamento di altre variabili, le cosiddette variabili sottostanti(prezzi di materie prime o di attività finanziarie ecc.). Questi strumenti finanziari derivati vengono utilizzati per proteggersi da scostamenti non voluti dei prezzi di mercato(si pensi al prezzo del petrolio o ai tassi di cambio tra valute), per fini speculativi cioè orientati a realizzare profitti scommettendo sull’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante o per sfruttare differenze tra l’andamento del prezzo del derivato e di quello dell’attività sottostante. Sulla base del totale attivo delle banche italiane(pari a 2.323 miliardi di euro) e di quelle tedesche(4.060 miliardi di euro) investigate dall’EBA è possibile stimare come l’ammontare dei derivati in capo alle banche italiane sia di almeno 123 miliardi di euro mentre per quelle tedesche di almeno 813 miliardi di euro.

La Deutsche Bank, tanto per citare una banca tedesca, ha un esposizione a derivati superiore a 50 mila miliardi di dollari, una cifra pari a circa quindici volte il PIL della Germania. La Cgia scrive: “Non è da escludere che i derivati possano rappresentare un rischio sistemico, specie in questa fase di turbolenza dei mercati finanziari”. Gli ultimi risultati dell’EBA indicano come la redditività delle banche tedesche sia nettamente più bassa della media europea. Il ROE, indicatore che misura il rapporto tra l’utile e il patrimonio netto, si è attestato ad appena il 2,6%, meno della metà di quello europeo, pari al 5,8%, e più basso di quello italiano che ha toccato il 3,3%. Le banche tedesche possono contare su un livello di crediti deteriorati più basso rispetto a quello italiano(a marzo 2016, il 3,1% sul totale dei crediti lordi contro il 16,6% del caso Italia), ma questo risultato è quasi interamente dovuto all’intervento statale sui crediti deteriorati(NPL) avvenuto già nelle prime fasi della crisi finanziaria(2009-2010).

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