Unimpresa: 9,3 milioni a rischio povertà

Sempre più estesa l'area di disagio sociale che non accenna a restringersi. Dal 2015 al 2016 altre 105 mila persone sono entrate nel bacino dei deboli. Si modificano i criteri del Sia(Sostegno per l'inclusione attiva). Basterà?

Tabella area disagio socialeSono oltre 9,3 milioni gli italiani a rischio povertà. E’ quanto sostiene il Centro studi di Unimpresa, che denuncia come l’area di disagio sociale non accenni a restringersi e anzi si estenda. Dal 2015 al 2016 altre 105 mila persone sono entrate nel bacino dei deboli. Crescono gli occupati-precari, che in un anno sono aumentati di 28 mila unità(+0,45%).

Agli oltre 3 milioni di disoccupati bisogna sommare i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time(803 mila persone) sia quelli a orario pieno(1,71 milioni). Vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time(803 mila), i collaboratori(3,2 milioni) e i contratti a tempo indeterminato part time(2,67 milioni). Questo gruppo di persone occupate ammonta complessivamente a 6,27 milioni di unità e sono con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute. Unimpresa scrive: “Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Una situazione di fatto aggravata dalle agevolazioni offerte dal Jobs Act che hanno visto favorire forme di lavoro non stabili. Di qui l’estendersi del bacino dei deboli”. Il ministero del Lavoro Giuliano Poletti ha annunciato oggi(30 aprile) che sono cambiati i criteri d’accesso al Sia(Sostegno per inclusione attiva)e che raddoppiano i possibili beneficiari. Principale novità è l’abbassamento della soglia di accesso relativa alla valutazione del bisogno, misurato su carichi familiari, situazione economica e lavorativa. Il punteggio minimo passa da 45 a 25 punti. Una famiglia con ISEE fino a 3.000 euro con figlio minorenne o disabile o in arrivo potrà accedervi. Basterà per risolvere il problema povertà?

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