Confcooperative: In Italia 3,3 milioni lavoratori in nero
In Italia continua ad esserci il problema del lavoro nero. Tra il 2012 e il 2015 l’occupazione regolare è scesa del 2,1%, mentre quella irregolare è salita del 6,3%, portando a 3,3 milioni i lavoratori che vivono in un cono d’ombra non monitorato. Lo si apprende dal focus “Negato, irregolare, sommerso: il lato oscuro del lavoro” presentato oggi(31 gennaio) a Roma da Censis Confcooperative. Le imprese che ricorrono al lavoro irregolare riducono il costo del lavoro di oltre il 50% mettendo spesso fuori mercato le aziende che operano nella legalità.
Secondo la Commissione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, istituita presso il MEF, considerato l’insieme delle attività economiche, il salario medio orario sostenuto dalle imprese per retribuire un lavoratore regolare dipendente è di 16 euro; il salario pagato dalle aziende per un lavoratore irregolare corrisponde a 8,1 euro cioè circa la metà del salario orario lordo. Il monte salariale irregolare nel 2014 ha raggiunto i 28 miliardi di euro, pari al 6,1% del valore complessivo delle retribuzioni lorde. L’evasione tributaria e contributiva, nel periodo 2012-2014, ha raggiunto una media annua di 107,7 miliardi di euro, 97 dei quali riconducibili all’evasione tributaria e 10,7 all’evasione contributiva. Fra le voci più rilevanti dell’evasione si distingue quella relativa all’IVA che sfiora i 36 miliardi di euro e quella da mancato gettito dell’IRPEF derivante da lavoro e impresa, pari a 35 miliardi di euro. La sola IRAP fa registrare una mancata contribuzione di 8,5 miliardi. Il mancato versamento dei contributi risulta pari a 2,5 miliardi per il lavoratore dipendente e a 8,2 miliardi per il datore di lavoro.
Lavoro domestico, alle famiglie il record del nero, tra le mura domestiche irregolari 6 su 10
La graduatoria delle attività a più ampio utilizzo di lavoro sommerso vede ai primi posti quelle legate all’impiego di personale domestico da parte delle famiglie, secondo un tasso di irregolarità che arriva al 58,3%. A seguire, ma con tassi più che dimezzati, è nell’ambito delle attività agricole e del terziario che permane uno stock di occupati non regolari: nel primo caso il tasso è del 23,4%, mentre nel secondo caso risulta del 22,7%. Piuttosto elevata la quota di irregolari nel settore alloggi e ristorazione, con il 17,7%, e nelle costruzioni con il 16,1%. Più contenuti rispetto alla media riferita al totale delle attività economiche(13,5%), ma in ogni caso in crescita nel 2015 rispetto al 2012, i valori relativi a trasporti e magazzinaggio(10,6%), al commercio(10,3%). Il presidente Confcooperative, Maurizio Gardini, ha dichiarato: “Va fatta una distinzione tra i livelli di irregolarità di una badante e quella di un lavoratore sfruttato nei campi o nei cantieri o nel facchinaggio. Il primo seppur in un contesto di irregolarità, fotografa le difficoltà delle famiglie nell’assistere un anziano, un disabile o un minore. Le famiglie evadono per necessità. Negli altri casi si tratta di sfruttamento dei lavoratori che nasce solo per moltiplicare i profitti e mettere fuori gioco le tantissime imprese che competono correttamente sul mercato”. Sul piano territoriale, e riguardo all’incidenza del lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale, la Calabria registra il valore più alto con il 9,9%. Seguono Campania(8,8%), Sicilia(8,1%), Puglia(7,6%), Sardegna(7%) e Molise(7%).
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