Starbucks chiude 150 caffetterie. Non doveva assumere rifugiati?

Starbucks ha annunciato la chiusura di 150 caffetterie negli Stati Uniti per un rallentamento delle vendite. Nel 2017 il colosso del caffè si fece notare per un piano di investimenti che prevedeva l'assunzione di 10 mila rifugiati.

StarbucksLa catena americana Starbucks ha annunciato la chiusura di 150 caffetterie negli Stati Uniti nel 2019, una decisione legata al rallentamento delle vendite. Nel trimestre in corso la società americana ha segnata una crescita dell’1%, la peggiore performance degli ultimi nove anni. Ogni anno Starbucks chiude una cinquantina di caffetterie a causa dei dati di vendita deludenti. Questa volta però si parla di un numero tre volte superiore alla media.

La notizia fa affondare i titoli in Borsa nelle contrattazioni after hours, dove arrivano a perdere fino al 6,3%. Starbucks fu fondata il 30 marzo 1971 a Seattle da Howard Schultz. La società americana registra quasi 14.000 caffetterie negli Stati Uniti ed altrettanto all’estero, per un totale di 27.339. All’inizio del 2017 il colosso del caffè si fece notare per un piano di investimenti che aveva tra le priorità la contrattualizzazione di 10 mila immigrati che hanno servito il Paese con le forze USA come interpreti o personale di supporto. In pratica quello di  Starbucks fu un atto di sfida al presidente Donald Trump, il quale aveva deciso di sospendere l’ingresso negli Stati Uniti ai rifugiati siriani. La notizia della chiusura di 150 caffetterie Starbucks arriva nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale del rifugiato, stabilita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1951. Il caffè di Starbucks è diventato amaro anche per i migranti.

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