Renzi contro riforma prescrizione

Matteo Renzi sta facendo una battaglia contro la riforma della prescrizione. La settimana scorsa aveva minacciato di far cadere il governo Conte, oggi ha già cambiato idea.

Matteo Renzi è tornato a dettare (a parole) l’agenda politica italiana. Il leader di Italia Viva sta facendo una battaglia contro la riforma della prescrizione. “Sulla prescrizione, il governo non ha i numeri, non ha la maggioranza in Parlamento. Io l’accordo non lo voto, non posso diventare giustizialista”, questo è quello che ha detto Renzi a Radio Capital lo scorso 7 febbraio. Oggi l’ex premier ha già cambiato idea dopo aver visto alcuni sondaggi. Dalle interviste si evince che gli italiani non sono informati sulla riforma, ma ritenevano la prescrizione come un mezzo “che consente ai colpevoli di evitare la condanna” e dicevano che era meglio toglierla o allungarla.

Questo sondaggio ha fatto tremare Renzi. Aggiungeteci che Italia Viva ha un consenso vicino al 4% nei sondaggi e capirete che l’ex premier non farà mai cadere il governo Conte II. Il motivo? Una fine anticipata di questa legislatura significa sparizione del renzismo. Oggi Renzi ha dichiarato: “La legge Bonafede cambierà. Come e quando cambierà dipende dalle arzigolalate tattiche parlamentare”. Ormai è chiaro che Renzi è soltanto un fuffatore che apre bocca ogni giorno per farsi notare. Non è più credibile. La riforma della prescrizione è entrata in vigore il primo gennaio 2020. E’ stata approvata dal precedente governo Lega-M5S, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, poi confermato anche nel nuovo Conte II. La riforma prevede che lo scorrere della prescrizione venga sospeso dopo la sentenza di primo grado e fino al pronunciamento della sentenza definitiva. In precedenza, il corso della prescrizione(la cui durata era calcolata in base alla pena massima prevista per il reato) continuava anche durante il secondo e terzo grado di giudizio. La prescrizione di un reato è un insulto alla civiltà. “La prescrizione è inaccettabile”, questo è quello che disse Renzi nel 2015, parlando all'inaugurazione dell'anno accademico della Scuola superiore di Polizia.

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