Istat: 5 milioni di italiani in meno nel 2050

Nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno a causa del calo delle nascite. Lo rivela l'Istat. Perché non si fanno figli?

Una coppia con un bimboIl calo delle nascite potrebbe avere gravi conseguenze. Senza misure strutturali nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno. Tra 28 anni solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-66 anni che dovrebbero provvedere sia alla cura e alla formazione delle persone sotto i venti anni(16%), sia alla produzione di adeguate risorse per il mantenimento e l’assistenza ai pensionati(32%). Sono alcuni dei dati Istat illustrati dal presidente Gian Carlo Blangiardo.

I nati della popolazione residente in Italia nel 2021 sono stati appena 399.431, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% a confronto col 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Le nascite annue potrebbero scendere nel 2050 a 298 mila unità. L’Istat scrive che l’obiettivo è arrivare ad almeno 500 mila nati all’anno. Per arrivare a questa cifra ci vorrebbero circa 50 anni. Il vero sforzo è arrivare a 500 mila nascite all’anno in tempi decisamente più ravvicinati. Il presidente Blangiardo ha dichiarato: “Dobbiamo lavorare per rialzare i livelli di fecondità in modo tale che si possa arrivare a questo risultato nell’arco di 10 anni. Sarebbe già un buon risultato”. La struttura demografica dell’Italia soffre di gravi squilibri che incidono in modo significativo sullo sviluppo della nostra società. La politica continua a parlare a vuoto senza capire quale sia il problema.

Perché non si fanno figli?

Il problema denatalità in Italia è l’effetto collaterale della precarietà dilagante in quasi tutti i settori lavorativi. Una coppia che lavora 8 ore al giorno(nella migliore delle ipotesi) e per 5/6 giorni a settimana, come fa a pianificare figli? In Italia si lavora troppo con paghe misere. Contribuisce al calo delle nascite anche la “sparizione” della figura dei nonni, visto che anche loro sono costretti a lavorare fino ad età avanzata per avere una pensione. Senza contare la precarietà lavorativa: oggi lavori, domani sei disoccupato. Quando capiranno che questo modello economico non regge più? E che dire degli orari di apertura degli asili nidi, sia pubblici che privati? E del costo mensile? Com’è possibile che i bimbi, in molti casi, escano alle 15:30?

Fare e crescere un figlio è un’impresa per la maggior parte degli italiani. Non tutti possono permettersi di pagare la babysitter come fanno i politici. Il bonus bebè non copre neanche le spese per i pannolini. Ci vogliono soldi e tempo libero per fare e crescere figli. Ecco perché serve un cambio radicale: lavorare meno, lavorare tutti. Un altro problema è la casa. Non tutti possono permettersi un mutuo per acquistare un’abitazione o il fitto. Far ripartire l’edilizia pubblica potrebbe essere un primo passo per dare respiro alle famiglie del ceto medio-basso. Non è coi bonus e con gli assegni che salveremo l’Italia dal disastro demografico.

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