La piaga del lavoro minorile in Italia

Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia nemmeno l’Italia. E' quello che emerge da un rapporto di Save The Children.

Lavoro minorileLa piaga del lavoro minorile in Italia” è un rapporto pubblicato da Save The Children che evidenzia come il lavoro minorile sia un fenomeno globale che non risparmia l’Italia. Nel nostro Paese si stima che 336 mila bambini e adolescenti tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro. Sono il 6,8%, quasi un minore su 15.

Il 27,8% dei 14-15enni (58 mila) che dichiarano di aver lavorato hanno svolto lavori dannosi. Tra i 14-15enni 1 su 5 lavora e ha lavorato e uno su 10 ha cominciato a 11 anni o prima. La quota di giovani 18-24 anni che escono dal sistema d’istruzione e formazione era il 12,7% nel 2021. Ed è maggiore tra coloro che hanno lavorato prima dell’età legale consentita. Tra i motivi e le cause che spingono ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro ci sono l’avere soldi per sé, che riguarda il 56,3%, la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori, per il 32,6%. La ricerca di Save The Children evince anche una relazione tra lavoro minorile e povertà educativa e materiale. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve far riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione. I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono:

  • la ristorazione (25,9%);
  • la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%);
  • seguiti dalle attività in campagna (9,1%);
  • in cantiere (7,8%);
  • dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%).

La piaga del lavoro minorile in Italia si aggiorna alla tecnologia. Emergono nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. La piaga del lavoro minorile in Italia è fenomeno diffuso da anni, ma non è mai presente nell’agenda politica. Il lavoro minorile può avere conseguenze negative sulla salute fisica e mentale dei bambini e dei giovani coinvolti. Inoltre, può alimentare la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale. La mancanza in Italia di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definirne i contorni e intraprendere azioni efficaci di contrasto al fenomeno.

Leggi contro il lavoro minorile in Italia

La piaga del lavoro minorile in Italia è un fenomeno diffuso da anni, ma ci sono leggi che tutelano i minorenni disciplinando l’età di accesso al mondo del lavoro. L’età consentita per legge per l’entrata nel mondo del lavoro è 16 anni. In base alla legge sul lavoro minorile, per i minori di età compresa tra 16 e 18 anni l’orario di lavoro non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali. Gli adolescenti, poi, non possono essere adibiti al trasporto di pesi per più di 4 ore durante la giornata, compresi i ritorni a vuoto. Inoltre ai minori è fatto divieto svolgere dei lavori durante le ore notturne e più precisamente nell’arco di tempo che va dalle 22 alle 6 o dalle 23 alle 7, a meno che non si tratti di attività di carattere culturale, artistico o sportivo ed il lavoro non superi la mezzanotte.

Come si può aiutare a risolvere il problema del lavoro minorile?

Il rimedio al lavoro minorile è la scuola. Soltanto attraverso la diffusione del diritto all’istruzione si può rompere il circolo vizioso tra occupazione e povertà. Inoltre, l’UNICEF affronta il problema del lavoro minorile con programmi per l’istruzione, informando, sensibilizzando e rafforzando le famiglie e le comunità. Un’altra forma di lotta allo sfruttamento minorile potrebbe essere quella di tassare le multinazionali che utilizzano il lavoro minorile e utilizzare i proventi di queste tassazioni per finanziare la scolarizzazione dei bambini.

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