Sgombero del Leoncavallo a Milano: fine di un’epoca, 31 anni di occupazione volano via

Sgombero definitivo del centro sociale Leoncavallo a Milano: 3 milioni di risarcimento, sede vuota, una triste chiusura di storie e cultura.

Sgombero del Leoncavallo a Milano

È stato eseguito questa mattina, 21 agosto 2025, lo sfratto del centro sociale Leoncavallo, storico punto di riferimento culturale e antifascista di Milano nord-orientale. L’ordine, notificato inizialmente per il 9 settembre, è stato anticipato a oggi dalle forze dell’ordine, presenti con polizia, carabinieri e ufficiale giudiziario fin dalle 7:30 circa. Al loro arrivo, lo stabile in via Watteau era già vuoto.

La struttura, occupata dal 1994 dopo lo sgombero della sede originaria in via Leoncavallo, arriva così a chiudere una lunghissima fase, duranta 31 anni. Lo sfratto, atteso dal 2003 e rinviato più di 130 volte, è giunto però dopo che nel novembre 2024 il ministero dell’Interno era stato condannato al pagamento di circa 3 milioni di euro alla proprietà, la società "L’Orologio srl" della famiglia Cabassi, per il ritardo nell’esecuzione delle procedure. Secondo la Prefettura di Milano, lo sgombero evita ulteriori azioni risarcitorie da parte dello Stato. Il materiale rimosso è stato riconsegnato alla proprietà e lo stabile consegnato per la messa in sicurezza.

Il significato storico

Il Leoncavallo nacque nel 1975 come fulcro di cultura alternativa e politica militante, ospitando concerti, feste, laboratori e diventando un’istituzione per la scena giovanile indipendente, con progetti come Freego! e Sound Ciak!. Nel 1978, la storia del centro si incrociò con la tragedia dell’omicidio di due frequentatori, Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, uccisi vicino alla vecchia sede: un fatto mai risolto, al momento oggetto di nuove indagini.

Reazioni e riflessioni

Le “Mamme del Leoncavallo”, che da sempre sostengono la memoria del centro, parlano di “sfratto anticipato” come di un epilogo triste di una lunga stagione. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha espresso il suo disappunto per non essere stato consultato, considerato il valore storico e sociale del luogo. Il Comune stava portando avanti una trattativa per trovare una nuova sede, tra cui un immobile in via San Dionigi, ma lo sgombero ha interrotto il dialogo in corso.

Da parte del governo, il ministro Piantedosi ha dichiarato che lo sgombero segna la fine di “una lunga stagione di illegalità” e riafferma la linea della “tolleranza zero verso le occupazioni abusive”. In parallelo, Matteo Salvini ha sottolineato come il Leoncavallo rappresenti “decenni di illegalità tollerata dalla sinistra”.

Su un piano più riflessivo, esperti come Fabio Pizzul (Ambrosianeum) e la pedagogista Paola Bignardi osservano che la chiusura del Leoncavallo riporta al centro il tema della difficoltà che ha Milano nel garantire spazi sociali autogestiti per i giovani: luoghi di cultura e incontro non condizionati dalle logiche del mercato.

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