I danni del Jobs Act di Matteo Renzi

Il Jobs Act di Matteo Renzi ci cambierà la vita? Forse si, ma in peggio. La riforma del lavoro del premier gelataio rischia di creare una nuova bolla finanziaria.

Matteo RenziMatteo Renzi e i suoi seguaci cercano di plagiare gli italiani. Ogni giorno fanno annunci roboanti per acquisire consenso tra i prolet, ovvero quelle persone poco informate che credono a tutto. L’aumento dell’occupazione è la balla più grossa professata dal premier gelataio.

Le tabelle diffuse dall’Inps parlano chiaro: nei primi due mesi del 2015 i rapporti di lavoro attivati sono stati 968.883, cioè solo 13 in più rispetto ai 968.870 dei primi due mesi del 2014. Ora la banda di fuffatori punta tutto sul Jobs Act, entrato in vigore lo scorso 7 marzo. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, soffia sul fuoco della fiducia prevedendo che gli 1,9 miliardi di euro stanziati per gli sgravi nelle assunzioni potrebbero portare fino a un milione di posti di lavoro. “Questa volta c’è una generazione che vede finalmente riconosciuto il proprio diritto delle tutele maggiori. Mutuo, ferie, buona uscita e diritti entrano nel vocabolario di una generazione che ne è stata fino ad oggi esclusa in modo inaccettabile”. E’ ciò che ha dichiarato Renzi. E’ tutto vero o è solo propaganda?

I nuovi contratti indeterminati introdotti con il Jobs Act sono solo virtuali. Il motivo? Un imprenditore può licenziare il lavoratore da un giorno all’altro senza problemi, ciò significa che le tutele sono peggiorate. Le banche concedono il mutuo? Un servizio de “La Gabbia” mostra che gli istituti di credito danno i soldi solo se hai uno stipendio di almeno 2.000 euro al mese e se sottoscrivi un’assicurazione contro la disoccupazione di circa 50 euro al mese. Significa che per le banche il contratto a tutele crescenti non è abbastanza sicuro. La verità è che questi finti contratti indeterminati creeranno un’altra bolla finanziaria. Il motivo? Ci saranno molte persone che si indebiteranno fino al collo pensando di aver trovato il posto fisso. Non sanno che tra tre anni, una volta finiti gli sgravi, torneranno ad essere disoccupati.

A quel punto sarà contento lo “squalo” Davide Serra, il finanziere amico di Renzi. Il suo fondo Algebris acquisirà tutti i crediti incagliati delle banche. Cosa sono? Si chiamano “non performing loans” e sono tutti quei prestiti che per un motivo o per un altro non sono andati a buon fine. Un consiglio ai nuovi assunti: non date a garanzia la casa dei vostri genitori per avere un mutuo. Ma il Jobs Act di Matteo Renzi crea un altro danno: l’apartheid lavorativo. Questa volta non mi riferisco alla differenza di trattamento tra lavoratori privati e pubblici, ma alle aziende che finiscono fuori mercato perché hanno lavoratori con il vecchio contratto indeterminato. Le aziende che assumono con il Jobs Act ricevono 8 mila euro l’anno per ogni lavoratore, un risparmio sul costo del lavoro del 30%.

La conseguenza? Nelle gare di appalto le aziende che assumono nuovi dipendenti sono avvantaggiate: possono offrire prezzi più bassi, togliendo lavoro alle aziende che i dipendenti a tempo indeterminato li avevano già assunti. Almaviva è una della aziende in crisi per colpa del Jobs Act e ora rischia di dover licenziare. In sintesi i nuovi assunti prendono il posto dei vecchi, si crea in pratica una rotazione eterna di schiavi. Una domanda sorge spontanea: era necessario liberalizzare il mercato del lavoro in Italia? Nel World Economic Outlook dell’Fondo Monetario Internazionale si legge che non ci sono “correlazioni statisticamente significative” tra la deregolamentazione di assunzioni e licenziamenti e la capacità di crescita dell’economia. Ma di cosa parliamo?

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