La web tax per i colossi
Booking.com, Google, Amazon, Facebook, Apple ed Airbnb si stanno arricchendo ai danni della Unione Europea, a cui non pagano la giusta quota di tasse. Per questo Bruxelles sta studiando una web tax europea, adattata alla tipologia dell’economia digitale, che produce redditi virtuali in molti Stati pagando tasse in uno solo.
Un’azienda con una presenza digitale significativa nei Paesi dove opera, dovrebbe prendersi una residenza virtuale che lo costringerebbe a sottostare alla loro tassazione sulle imprese. La questione sarà al centro del vertice Ecofin della prossima settimana a Tallin e una dichiarazione politica congiunta al riguardo è stata già sottoscritta da Italia, Germania, Francia e Spagna. Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato: “Per una tassazione adeguata dell’economia digitale ed equità fiscale è importante avanzare iniziative condivise nella UE”. La web tax per i colossi non è una novità. Nel 2013 Francesco Boccia(PD) presentò un emendamento alla Legge di Stabilità che introduceva in Italia una tassa per i giganti del web. Google, Amazon e gli altri dovevano aprire una partita IVA in Italia per offrire i propri servizi. La norma finì nel cassetto. Il motivo? Il nostro Paese sarebbe stato isolato nel contesto europeo. Più seria la web tax dell’UE. Il prelievo fiscale non sarebbe più basato sull’utile bensì sul fatturato.
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