Saviano indagato per diffamazione

Roberto Saviano è indagato dalla procura di Roma per diffamazione in relazione alla denuncia presentata dal ministro degli Interni Matteo Salvini. Lo scrittore ha definito "malavitoso" il leghista.

Roberto SavianoRoberto Saviano è indagato dalla Procura della Repubblica di Roma per diffamazione. La vicenda è ormai nota a tutti. Il 21 giugno 2018 lo scrittore di Gomorra pubblica su Facebook un post con video allegato in cui definisce Matteo Salvini il ministro della malavita. Nel “papiello” di Saviano c’è scritto anche che “le mafie minacciano, Salvini minaccia”. In poche parole il Messia del ventunesimo secolo definisce Salvini un malavitoso. Il 19 luglio 2018 il ministro degli Interni ha presentato una denuncia.

L’indagine per diffamazione è un atto dovuto. Nessuno può dare del malavitoso ad un’altra persona senza prove. Non è sufficiente dire che nel comizio di Salvini a Rosarno c’erano esponenti della ‘ndrangheta seduti in prima fila. Non basta questo per definire malavitoso il ministro degli Interni. A questo punto chiunque potrebbe dire lo stesso di Saviano, il quale si batte per i migranti che attraversano il Mediterraneo grazie ai trafficanti di uomini. Lo scrittore di “Gomorra” ormai crede di essere un “mammasantissima” che può offendere chiunque senza avere conseguenze. Giusto che la Procura indaghi sulle parole di Saviano, dato che la diffamazione è evidente. Il problema di questi pseudo intellettuali “perbenisti” è che stanno facendo diventare un martire il leghista Salvini, ovvero il nulla fatto persona. La cosa drammatica è che per lo scrittore è tutto normale. Saviano ha dichiarato: “Affronterò la querela del Ministro della Mala Vita a testa alta. Dobbiamo mettere i nostri corpi a difesa della Costituzione e della libertà di pensiero. Non indietreggio di un passo nella critica al suo operato. Io non ho paura, non ne ho mai avuta”. Una domanda sorge spontanea: cosa c’entrano la Costituzione e la libertà di pensiero su un caso di diffamazione?

Le mafie minacciano. Salvini minaccia.

Vivere sotto scorta è una tragedia e l'Italia è il Paese occidentale con più giornalisti sotto scorta perché ha le organizzazioni criminali più potenti e pericolose del mondo. Eppure, nonostante questo, invece di liberare dai rischi i giornalisti sotto protezione, Matteo Salvini, ministro degli Interni, li minaccia. Le parole pesano, e le parole del Ministro della Malavita, eletto a Rosarno (in Calabria) con i voti di chi muore per 'ndrangheta, sono parole da mafioso. Le mafie minacciano. Salvini minaccia. Il 17 marzo, subito dopo le elezioni, Matteo Salvini ha tenuto un comizio a Rosarno. Seduti, tra le prime file, c'erano uomini della cosca Bellocco e persone imparentate con i Pesce. E Salvini cosa fa? Dice questo: "Per cosa è conosciuta Rosarno? Per la baraccopoli". Perché il problema di Rosarno è la baraccopoli e non la 'ndrangheta. Matteo Salvini è alla costante ricerca di un diversivo e attacca i migranti, i Rom e poi me perché è a capo di un partito di ladri: quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati. Parla di tutto e se la prende con gli ultimi perché le persone non devono sapere che il suo partito ha rubato allo Stato milioni e milioni di euro. Parla alla rabbia di persone ignare che non sanno che i primi obiettivi di quegli imbrogli sono loro. Eppure, il Ministro della Malavita, prendendomi come suo bersaglio, mi restituisce alla parte cui appartengo. Salvini ha scelto i suoi nemici: gli italiani del Sud, italiani di cui non si occupa e di cui non si occuperà mai, gli stranieri che vivono e lavorano in Italia, le ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, ragazzi che parlano italiano, "che amano italiano". I suoi nemici sono i Rom. E tra gli italiani dimenticati dalla politica e dalle istituzioni, tra gli stranieri indicati come bersagli da colpire, ci sono io. Salvini con le sue minacce mi ha restituito alla parte cui appartengo, mi ha restituito agli ultimi. Sono uno di loro, ed esserlo mi rende fiero. #SalviniAmicoDellaNdrangheta #MinistrodellaMalavita

Pubblicato da Roberto Saviano su Giovedì 21 giugno 2018

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