Crescono file nei centri Caritas

Nel 2022 sono state 255.957 le persone che si sono rivolte nei 2.855 centri della Caritas per chiedere aiuto. Povertà sempre più trasversale.

Fila alla CaritasCrescono le file nei centri Caritas. Nel corso del 2022 sono state 255.957 le persone che si sono rivolte nei 2.855 centri d’ascolto diocesani e parrocchiali della Caritas per chiedere aiuto. Si tratta di una aumento del 12,5% rispetto al 2021. E’ quanto emerge dal rapporto sulle povertà in Italia della Caritas. Il 51,9% dei poveri che chiedono aiuto vivono al Nord, il 27% nel Centro e il 21,1% al Sud. In gran parte è legato alla crescita delle persone di cittadinanza ucraina accolte dalla Chiesa in Italia.

Nel 2022 sono stati 21.930 le persone di cittadinanza ucraina a rivolgersi ai centri d’ascolto diocesani e parrocchiali della Caritas per chiedere aiuto. Nel 2021 erano solo 3.391. Tuttavia se si esclude l’effetto guerra in Ucraina il trend rispetto al 2021 è comunque di crescita, ridimensionata però ad un +4,4%. Complessivamente l’incidenza delle persone straniere si attesta al 59,6% (era al 55% nel 2021) con punte che arrivano al 68,6% e al 66,4% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. I dati secondo la Caritas dimostrano che è in corso una “cronicizzazione della povertà” che ci sta riportando a una situazione simile a quella che precedeva la pandemia Covid. A chiedere aiuto sono donne (52,1%) e uomini (47,9%). L’età media dei beneficiari si attesta a 46 anni. Complessivamente le persone senza dimora incontrate sono state 27.877 (+ 16% rispetto al 2021), pari al 16,9% del totale. Si allungano le file dei poveri nei centri Caritas e crescono i lavoratori sottopagati che non riescono ad arrivare a fine mese per il caro affitti e i rincari delle bollette.

Povertà sempre più trasversale

Tra gli assistiti della Caritas prevalgono quelli con licenza media inferiore che pesano per il 44%; se a loro si aggiungono i possessori della sola licenza elementare (16,2%) e la quota di chi risulta senza alcun titolo di studio o analfabeta (6,3%) si comprende come i due terzi dell’utenza sia sbilanciato su livelli di istruzione bassi o molto bassi. Rispetto al 2021 cresce leggermente la percentuale di chi può contare su titoli di studio più elevati (diploma superiore o laurea), segnale di una povertà che diventa in qualche modo sempre più trasversale. Strettamente correlato al livello di istruzione è poi il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo post pandemico. A chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48%) ma anche tanti occupati, working poor o lavoratori poveri su base familiare, che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%).

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