14 milioni di votanti ai referendum 2025
I cinque quesiti del Referendum 2025 non hanno superato il quorum. Nelle 61.591 sezioni presenti in Italia sono andati a votare 14 milioni di persone (30,6%), ne servivano almeno 25,5 milioni per raggiungere il quorum del 50%. La maggioranza degli elettori ha votato SI, soprattutto sui primi quattro quesiti: reintegro licenziamenti illegittimi, licenziamenti e limite indennità, tutela contratti a termine e responsabilità infortuni sul lavoro. La percentuale dei SI è stata più bassa per il quesito sulla cittadinanza italiana.
Reintegro licenziamenti illegittimi
| SI | No |
| 89,06% | 1.504.299 |
| 12.249.649 | 10,94% |
Licenziamenti e limite indennità
| SI | No |
| 87,60% | 12,40% |
| 12.036.422 | 1.703.647 |
Tutela contratti a termine
| SI | No |
| 89,04% | 10,96% |
| 12.220.430 | 1.503.797 |
Responsabilità infortuni sul lavoro
| SI | No |
| 87,35% | 12,65% |
| 12.011.983 | 1.738.973 |
Cittadinanza italiana
| SI | No |
| 65,49% | 34,51% |
| 9.023.628 | 4.754.415 |
Escludendo l’ultimo quesito sulla cittadinanza italiana, ci sono 12 milioni di elettori che chiedono risposte sui quattro quesiti che non hanno raggiunto il quorum. Sono un numero elevato, quasi simile al numero di persone che hanno votato i partiti della coalizione del governo Meloni nel 2022.
La partecipazione ai referendum 2025 è stata maggiore in Toscana (39,1%) ed Emilia-Romagna (38,1%), mentre Trentino-Alto Adige (22,7%), Sicilia (23,1%) e Calabria (23,8%) hanno registrato i dati più bassi. Firenze ha avuto l’affluenza più alta (46%), mentre Bolzano la più bassa (15,9%). In totale 10 referendum abrogativi su 19 non hanno raggiunto il quorum. L’ultima volta che fu superato era il 2011. Il dato degli ultimi 10 referendum abrogativi è drammatico: nove su dieci non hanno raggiunto il quorum.
I referendum abrogativi in Italia
L’Italia, fin dalla sua Costituzione repubblicana, ha riconosciuto ai cittadini la possibilità di intervenire direttamente nel processo legislativo attraverso lo strumento del referendum. Tra le diverse tipologie previste, il referendum abrogativo, disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione, occupa un posto di rilievo, permettendo ai cittadini di proporre l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge. La sua storia è un percorso complesso, costellato di momenti di grande partecipazione popolare e di accese dibattiti politici e sociali.
Le origini e il primo vero test: Il divorzio del 1974
Sebbene la Costituzione prevedesse il referendum abrogativo fin dal 1948, la sua attuazione pratica richiese l’emanazione di una legge specifica, avvenuta solo nel 1970 (legge n. 352). Il primo, storico, referendum abrogativo si tenne il 12 e 13 maggio 1974 e riguardò la legge sul divorzio (Legge Fortuna-Baslini del 1970). Questo referendum rappresentò una vera e propria prova di maturità per la giovane democrazia italiana, chiamando i cittadini a esprimersi su un tema di profondo impatto etico e sociale. Nonostante le forti pressioni e la polarizzazione politica, il NO all’abrogazione (ovvero il mantenimento della legge sul divorzio) si impose con il 59,3% dei voti, segnando un importante passo avanti per i diritti civili in Italia.
Gli altri referendum: Tra diritti civili e questioni economiche
Dopo il battesimo del divorzio, gli anni successivi videro un proliferare di consultazioni referendarie, spesso promosse dai Radicali, un partito che ha fatto dell’utilizzo del referendum uno dei suoi cavalli di battaglia. Temi come l’ordine pubblico, il finanziamento pubblico ai partiti, l’ergastolo, il porto d’armi e la legge 194 sull’aborto furono sottoposti al giudizio popolare in diversi appuntamenti referendari, in particolare nel 1978 e nel 1981. Spesso, in questi casi, prevalse il NO all’abrogazione, indicando una tendenza a mantenere lo status quo o a non rivoluzionare leggi appena introdotte.
Un’altra consultazione significativa fu quella del 1985 sulla scala mobile, un meccanismo di indicizzazione automatica dei salari all’inflazione. Anche in questo caso, prevalse il NO all’abrogazione della norma che aveva tagliato alcuni punti della scala mobile, riflettendo la complessità delle questioni economiche e la difficoltà di trovare un consenso popolare su riforme economiche impopolari.
Gli anni ‘90, in particolare il 1993, furono caratterizzati da una serie di referendum che toccarono temi come la legge elettorale (con l’introduzione della preferenza unica), il finanziamento pubblico ai partiti e l’abolizione di alcuni ministeri. Molti di questi videro una significativa partecipazione e un’affermazione del SI abrogativo, a testimonianza di una spinta al cambiamento e alla semplificazione.
I referendum del XXI secolo
Il XXI secolo ha visto alternarsi consultazioni referendarie su temi molto diversi: dalla riforma del Titolo V della Costituzione (referendum costituzionale, senza quorum) nel 2001 e nel 2006 (quest’ultimo con prevalenza del NO), a quesiti su materie delicate come la procreazione medicalmente assistita e il nucleare.
In particolare, il 2011 ha rappresentato un momento di notevole mobilitazione, con i quattro quesiti su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento che hanno superato il quorum con un’affluenza del 54,8% e una schiacciante vittoria del SI abrogativo (oltre il 95% dei voti favorevoli). Questo risultato ha dimostrato la capacità dei cittadini di mobilitarsi su temi di grande risonanza e di influenzare le politiche pubbliche. La consultazione del 2022 sulla giustizia ottenne un’affluenza intorno al 20%.
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