Censis: Entro 2050 rischio povertà per 5,7 milioni di lavoratori

I giovani di oggi saranno poveri nel 2050. E’ quanto emerge dal focus Censis Confcooperative “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?”. Le cause? I giovani sono penalizzati da carriere discontinue, lavoretti e stipendi troppo bassi.

GiovaniL’occupazione è in aumento, anche tra gli under 35, ma i giovani che stanno entrando in questi anni nel mondo del lavoro rischiano di andare in povertà quando andranno in pensione. E’ quanto emerge dal focus Censis Confcooperative “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?”. Sono 5,7 milioni i lavoratori che potrebbero alimentare le fila dei poveri in Italia entro il 2050, se la tendenza del mercato del lavoro non sarà invertita.

Il ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, la discontinuità contributiva, la debole dinamica retributiva che caratterizza molte attività lavorative rappresentano un pericoloso mix di fattori che proietta uno scenario preoccupante sul futuro previdenziale e la tenuta sociale del Paese. Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha dichiarato: “Queste condizioni hanno attivato una bomba sociale che va disinnescata. Lavoro e povertà sono due emergenze sulle quali chiediamo al futuro governo di impegnarsi con determinazione per un patto intergenerazionale che garantisca ai figli le stesse opportunità dei padri. Non sono temi di questa o di quella parte politica, ma riguardano il bene comune del paese”. Sul fronte della povertà il Reddito di inclusione(Rei) con un primo stanziamento di 2,1 miliardi che arriverà a 2,7 miliardi nel 2020 fornirà delle prime risposte, ma bisogno recuperare 3 milioni di Neet e offrire condizioni di lavoro dignitoso ai 2,7 milioni di lavoratori poveri. A tutto ciò si aggiunge un problema di adeguatezza del “rendimento economico” del lavoro che espone al rischio della povertà. Il dettaglio regionale fa emergere la forte differenza socio–economica tra Nord e Sud. I giovani che non lavorano e non studiano(Neet) che vivono nelle sei regioni del Sud sono oltre la metà, ben 1,1 milioni, di cui 700 mila circa concentrati in sole due regioni: Sicilia(317 mila) e Campania(361 mila).

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