Clausola di salvaguardia, spada di Damocle per il nuovo governo

Il governo Gentiloni ha lasciato in eredità al nuovo esecutivo la clausola di salvaguardia, una spada di Damocle da 15 miliardi di euro da trovare entro la fine del 2018.

L'aumento dell'IVA inciderebbe negativamente sui consumiI risultati delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo non hanno dato una maggioranza, il rischio è di rimanere “fermi” per alcuni mesi come già accaduto in Germania. Nel frattempo continua ad essere operativo il governo Gentiloni, che ha lasciato in eredità al nuovo esecutivo una bella spada di Damocle: la clausola di salvaguardia. Che cos’è?

Introdotta per la prima volta dal governo Berlusconi nella manovra di luglio del 2011 con il decreto legge 98, la clausola di salvaguardia è la norma che prevede l’aumento automatico dell’IVA nel caso lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate. Nel 2012 la cifra da reperire era di 20 miliardi di euro, ora siamo scesi a 15 miliardi nella Legge di Bilancio 2018. La clausola di salvaguardia è uno degli strumenti attraverso il quale un governo cerca di “salvaguardare” i vincoli UE di bilancio dalle spese previste nella manovra. Entro la fine del 2018, il governo della nuova legislatura dovrà trovare le risorse necessarie per evitare l’aumento dell’IVA agevolata dal 10% al 11,5% e dell’IVA ordinaria dal 22% al 24,2%. Vista la situazione dei conti pubblici italiani sarà molto difficile evitare questa ennesima mazzata per i consumatori. Ma non finisce qui. Nel 2020 l’IVA agevolata salirà al 13%, mentre quella ordinaria al 24,9%. Nel 2021 l’IVA ordinaria crescerà di un altro 0,1% per arrivare al 25%.

A pagarne le conseguenze saranno i consumatori, che dovranno far fronte all’ennesimo aumento dei prezzi. L’aumento dell’IVA agevolata e ordinaria, infatti, inciderebbe negativamente su consumi e PIL. Lo stabilisce una simulazione condotta da Ref Ricerche per conto di Confesercenti nel 2017. A regime, i consumi calerebbero di 8,2 miliardi di euro, pari a circa 305 euro di spesa in meno a famiglia. Sul prodotto interno lordo, invece, l’impatto negativo ammonterebbe a -5 miliardi di euro. L’IVA è variata ben 9 volte da quando è stata introdotta in Italia. L’aliquota è passata dal 12% del 1973 al 22% di oggi. L’ultimo ritocco è avvenuto nell’ottobre 2013. Analizzando l’andamento tenuto in questi 45 anni dall’aliquota ordinaria dell’IVA nei principali Paesi che attualmente costituiscono l’area dell’euro si scopre che l’incremento più importante si è registrato proprio in Italia, con un aumento di ben 10 punti.

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