La guerra che fa salire il prezzo del petrolio

Gli attacchi con droni contro due importanti industrie petroliferi dell’Arabia Saudita rischia far salire nuovamente il prezzo del petrolio. Gli Stati Uniti accusano l'Iran.

La maxi raffineria saudite in fiammeIl prezzo del petrolio è sotto i 60 dollari al barile dallo scorso 15 luglio. Una quotazione destinata a crescere nei prossimi giorni dopo gli attacchi con droni contro due importanti industrie petroliferi dell’Arabia Saudita, tra cui il più grande impianto al mondo per la lavorazione del greggio. L’attentato ha innescato enormi incendi. Gli attacchi alle maxi raffinerie saudite sono stati rivendicati dai ribelli yemeniti Houthi.

Gli Stati Uniti, invece, sostengono che dietro l’attentato ci sia l’Iran. Teheran è alleata degli Houthi, combattuti in Yemen da una coalizione guidata da Riad. L’attacco agli impianti petroliferi rischia di far scoppiare una guerra. Il comandante delle forze aerospaziali dei Guardiani della rivoluzione islamica, Amir Ali Hajizadeh, ha dichiarato: “L’Iran è pronta a una vera e propria guerra. Tutti dovrebbero sapere che le basi e le portaerei americane fino a una distanza di 2.000 km sono nel raggio dei nostri missili”. Non c’è solo il rischio di una guerra, ma anche un’altra conseguenza che peserà sulle tasche dei cittadini. Dopo l’attacco alle due raffinerie, l’Arabia Saudita ha annunciato che compenserà il taglio della produzione petrolifera attingendo alle riserve strategiche, che a giugno ammontavano a 188 milioni di barili. Il taglio è di circa 5,7 milioni di barili al giorno, pari a metà della produzione saudita e al 5% delle forniture mondiali di greggio. Se non si ripristinerà velocemente la produzione, analisti e operatori ritengono probabile che il prezzo del petrolio salga sopra i 100 dollari al barile. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di essere pronti a metter mano alle loro riserve strategiche, ovvero vendere petrolio sul mercato per evitare impennate dei prezzi. Basterà?

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