Referendum sulla giustizia

E’ partita la raccolta firme per i 6 referendum sulla giustizia promossi da Radicali e Lega. Il commento del giornalista Marco Travaglio.

Referendum sulla giustiziaE’ partita la raccolta firme per i 6 referendum sulla giustizia. I quesiti sono stati promossi dal Partito Radicale e da Matteo Salvini e la Lega. L’obiettivo dei promotori è arrivare a 500 mila sottoscrizioni a quesito per presentarli alla Corte Costituzionale. Dalla riforma del Consiglio superiore della Magistratura alla responsabilità diretta dei giudici, all’equa valutazione dei magistrati alla separazione delle carriere, dai limiti agli abusi della custodia cautelare all’abolizione della legge Severino. Nel video allegato il commento di Marco Travaglio sui 6 referendum. Di seguito i 6 quesiti di giustizia giusta e cosa cambierebbe votando Sì.

  1. Riforma CSM
    Il CSM è presieduto dal Presidente della Repubblica che è membro di diritto al pari del Presidente della Suprema Corte di Cassazione e del Procuratore Generale presso la stessa corte. Gli altri 24 componenti sono eletti per due terzi dai magistrati, scelti tra i magistrati, mentre il restante terzo viene eletto dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del CSM deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme.
    Votando Sì. Viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura.
  2. Responsabilità diretta dei magistrati
    I magistrati non possono essere chiamati a rispondere direttamente per una sentenza sbagliata. Il cittadino può fare causa allo Stato.
    Votando Sì. Introduciamo la possibilità di chiamare direttamente in causa il magistrato che ha procurato illecitamente il danno.
  3. Equa valutazione dei magistrati
    I Consigli giudiziari sono organismi territoriali composti da magistrati, ma anche da avvocati e professori universitari in materie giuridiche. Questa componente laica, che rappresenta un terzo dell’organismo, è però esclusa dalle discussioni e dalle votazioni che attengono alle competenze dei magistrati, limitata al ruolo di “spettatore”. Solo i magistrati hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati.
    Votando Sì. Viene riconosciuto anche ai membri “laici”, cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.
  4. Separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti
    Nel corso della carriera, gli stessi magistrati passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Si alternano nelle diverse funzioni.
    Votando Sì. Il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.
  5. Limiti agli abusi della custodia cautelare
    La custodia cautelare è una misura coercitiva con la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato.
    Votando Sì. Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”.
  6. Abolizione dei decreto Severino
    Il decreto legislativo che porta la firma dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale basta anche una condanna in primo grado non definitiva per l’attuazione della sospensione, che può durare per un periodo massimo di 18 mesi.
    Votando Sì. Viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo: si restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

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