Energia nucleare dipende dall’uranio

L’energia nucleare dipende dall’uranio. Il prezzo dell’uranio è raddoppiato con l’aumento della domanda. Ci sarebbe sempre la dipendenza.

Centrale nucleareLa guerra in Ucraina e la speculazione ha fatto schizzare alle stelle il prezzo di gas e energia. Le centrali nucleari sono tornate a essere considerate come una valida alternativa per produrre energia per il fabbisogno dell’Italia. Tutti parlano dell’energia nucleare, nessuno dice che dipende dall’uranio. Questo metallo radioattivo è la fonte energetica primaria utile al funzionamento delle centrali nucleari. L’energia nucleare dipende dall’uranio.

L’Unione Europea ha scelto di inserire il nucleare tra le fonti di energia verde. Questa notizia ha fatto riapparire i nuclearisti, tornati alla ribalta anche a causa dei forti rincari delle bollette energetiche registrate negli ultimi mesi. Chiariamo subito una cosa: le centrali nucleari non risolvono il problema energetico nell’immediato. Mettiamo il caso che si punti al nucleare oggi, per avere il primo megawatt prodotto da una centrale nucleare bisogna aspettare minimo 25 anni. Nel frattempo che facciamo? L’altro problema è che le centrali hanno bisogno dell’uranio per produrre energia. Nessuno lo dice, ma il prezzo dell’uranio è raddoppiato con l’aumento della domanda. Si è passati da un prezzo di 14 euro a oltre 50 euro al chilo. Il costo è triplicato a causa dell’aumento della domanda. E’ chiaro che l’energia nucleare dipende dall’uranio, che a sua volta dipende dal prezzo che stabilisce il mercato. L’uranio poi deve essere “lavorato” per avere l’uranio arricchito. La Francia è tra i Paesi europei che fanno i maggiori investimenti sull'energia nucleare e il programma “Presa Diretta” è entrata nello stabilimento dove viene arricchito l’uranio e poi venduto come combustibile per le centrali di tutto il mondo.

Il prezzo dell’uranio arricchito arriva fino a 2 milioni di euro a fusto. Sapete cosa significa? Si passerebbe dalla dipendenza del gas a quella dell’uranio. Il problema dipendenza non verrebbe risolto: in Italia c’è solo la miniera di Novazza, chiusa nel 1987 dopo il referendum. Dalla miniera si potevano ricavare circa 1.300 tonnellate di ossido di uranio l’anno, poca cosa se si pensa che nel 2013, nella miniera più produttiva del mondo, quella del fiume McArthur, in Canada, sono state estratte 7.744 tonnellate di uranio grezzo. Energia nucleare dipende dall’uranio e questo metallo radioattivo non è infinito. Nel mondo ci sono miniere attive in 20 Paesi. I maggiori produttori di uranio sono Kazakistan, Canada e Australia che insieme contribuiscono al 65% della produzione globale. Seguono Namibia, Russia, Niger, Uzbekistan e Stati Uniti. L’utilizzo delle centrali nucleari per produrre energia è iniziato a metà degli anni ‘50. In tutto il mondo sono attualmente in funzione 441 reattori per produrre energia nucleare in 32 Paesi. Altre 50 centrali nucleari sono in fase di costruzioni e altre 95 sono in fase di progettazione. In Cina ci sono 52 reattori nucleari. Proprio la Cina, insieme a Russia, Francia e Corea del Sud, si contengono la tecnologia del nucleare.

Costo delle 4 centrali nucleari in disuso in Italia

In Italia sono state costruiti 4 impianti che sono stati operativi fino al 1987. Si tratta delle centrali nucleari di Caorso, Trino, Latina e Garigliano. Ogni bimestre sulla bolletta elettrica paghiamo dei soldi in più che vanno alla Sogin, un’azienda di Stato nata nel 1999 per smantellare le quattro centrali nucleari in disuso e gli impianti ex-Enea. Tra i compiti di Sogin, c’è anche quello di individuare un sito per il deposito nazionale dove stoccare in sicurezza i rifiuti a bassa e media attività. Dal 2001 ad oggi 3,7 miliardi di euro sono stati pagati dagli utenti dentro la bolletta elettrica, però solo 700 milioni sono stati utilizzati per lo smantellamento delle centrali nucleari in disuso. 1,8 miliardi di euro sono stati utilizzati per mantenere in sicurezza i siti, far funzionare la struttura e pagare il personale. I restanti 1,2 miliardi di euro per il trattamento in Francia e nel Regno Unito del combustibile radioattivo. Fino ad oggi è stato eseguito il 30% delle attività. Sono passati 35 anni dalla chiusura delle centrali nucleari in Italia e non sappiamo ancora in quale luogo “sicuro” depositare i rifiuti radioattivi prodotti dagli impianti fino al 1987. Il deposito nazionale in cui confluire rifiuti e scorie ancora non c’è, ma sono stati pubblicati i 67 possibili siti dove realizzarlo. La spesa prevista è di 2,5 miliardi di euro. Il volume dei rifiuti radioattivi presenti in Italia è pari a 31.751,6 metri cubi, dato aggiornato al 31 dicembre 2020.

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