Cgia: Metà Paesi non rispetta norme UE

Solo un paese su due rispetta i parametri di Maastricht. E' quanto emerge da un rapporto della Cgia di Mestre. In Germania surplus commerciale record nel 2016.

Metà Paesi non rispetta norme UENel 2016 più della metà dei Paesi UE non ha rispettato le regole sui conti pubblici sancite dagli accordi di Maastricht(1992), ribaditi a Lisbona(2007) e sanciti con il Fiscal compact(2012). Vale a dire il rapporto deficit/PIL sotto il 3% e il rapporto debito/PIL non superiore al 60%. Lo afferma la Cgia di Mestre in un’elaborazione dell’Ufficio studi.

Tra il 2009 e il 2016 Spagna, Regno Unito e Francia hanno “sforato” la soglia del 3% del rapporto deficit/PIL per ben 8 volte; Grecia, Croazia e Portogallo 7.  L’Italia, invece, lo ha fatto in 3 occasioni e in questi anni ha mantenuto un’incidenza percentuale media del disavanzo pubblico al -3,3: contro il -7,9 della Spagna, il -6,6 del Regno Unito e il - 4,8 della Francia. Il nostro problema, comunque, rimane l’eccessivo peso del debito pubblico che l’anno scorso ha avuto un’incidenza del 132,8 per cento sul PIL. Svezia, Estonia e Lussemburgo sono i Paesi che tra il 2009 e il 2016 hanno sempre rispettato i 2 principali parametri di Maastricht. Nel 2016 i Paesi che hanno avuto il rapporto deficit/PIL sotto il 3% e il rapporto debito/PIL non superiore al 60% sono Malta, Polonia, Slovacchia, Svezia, Lituania, Lettonia, Romania, Danimarca, Repubblica Ceca, Bulgaria Lussemburgo ed Estonia. Si pensi che questi 12 paesi rappresentano appena il 12% del PIL dell’intera Unione Europea.

Il coordinatore della Cgia, Paolo Zabeo, ha dichiarato: “Delle due l’una o le disposizioni previste da Maastricht sono troppo rigide, oppure le economie più avanzate d’Europa, dopo tutte le crisi economiche e finanziarie che sono scoppiate in questi ultimi anni, non ce la fanno più ad adeguarvisi. In entrambi i casi, comunque, è necessario intervenire, introducendo margini di sicurezza per debiti e deficit eccessivi meno stringenti, perché le politiche di austerità e di rigore praticate fino ad adesso non hanno funzionato. Anzi, hanno peggiorato i conti e hanno aumentato a dismisura la disoccupazione e l’esclusione sociale in tutta Europa”. Più della metà dei paesi nel 2016 ha avuto un rapporto debito/PIL superiore al 60% e 6 di questi 16, tra cui l’Italia, hanno visto aumentare tale rapporto rispetto al 2015, aggravando nel complesso la tenuta dei conti pubblici.

E mentre il nostro Paese stenta a riprendersi, la Germania continua a volare con l’export: a fine 2016 l’avanzo commerciale è stato pari a 252,9 miliardi di euro, nuovo primato dal dopoguerra. La Germania dal 2011 non rispetta i limiti imposti dalla UE all’interno della procedura degli squilibri macroeconomici, che prevedono un tetto indicativo al surplus delle partite correnti non superiore al 6% del PIL o un deficit corrente non superiore al 4% del PIL. Nel 2015 il surplus delle partite correnti tedesco ha raggiunto l’8,3% del PIL e nel 2016 è presumibilmente stato di poco superiore. Purtroppo il surplus commerciale non è una delle regole inserite nei trattati europei, come per esempio quelle su deficit e debito che l’Italia è spesso accusata di violare. Cosa significa? La Germania può continuare ad arricchirsi senza subire sanzioni. Il “caso” tedesco dimostra che l’Unione Europea fa acqua da tutte le parti.

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