Il renziano

Matteo Renzi e il PD non hanno ancora capito la disfatta elettorale del 4 marzo 2018. Il problema non è solo dei politici, ma anche dei militanti. Nelle ultime settimane è nata una nuova sottospecie umana: il renziano.

Matteo RenziLe elezioni politiche dello scorso 4 marzo hanno sancito la disfatta del Partito Democratico di Matteo Renzi. Nonostante questo, Renzi e company continuano a fare i gradassi in giro per l’Italia menzionando scuse assurde per giustificare la sconfitta elettorale. Il problema non sono solo i politici del PD, ma anche i militanti contribuiscono a rendere più spassosa la nostra vita. Nelle ultime settimane è nata una nuova sottospecie umana: il renziano. Questo “tipo di umano” lo riconosci subito dalle cazzate che escono dalla sua bocca o da quello che scrive sui social. Il renziano è convinto che la sconfitta alle politiche è dovuta all’ignoranza della maggioranza degli elettori e alla mancata vittoria del Sì al referendum del 4 dicembre 2016.

Il renziano è convinto ancora che la riforma costituzionale del PD avrebbe abolito il Senato. Il renziano si è esaltato il giorno del debutto di Renzi al Senato. Il motivo? Il renziano sostiene che l’ex premier si è comportato come un bambino al primo giorno all’asilo(foto) per prendere in giro la gente che ha votato No il 4 dicembre 2016. Il renziano è contro l’odio ma poi denigra giornalmente gli esponenti del Movimento 5 Stelle e della Lega. Il renziano è convinto che stando all’opposizione il partito si salvi dal precipizio. Il renziano crede ancora che il Partito Democratico sia un partito di sinistra. Il renziano è quello che scrive tweet con l’hashtag #senzadime per esprimere il suo dissenso ad un eventuale alleanza di governo con il M5S, ma che è restato in silenzio mentre Renzi faceva “porcate” con Denis Verdini. Il renziano è quello che menziona dati su PIL e occupazione senza citare la crescita delle disuguaglianze e delle persone a rischio povertà in Italia sotto la “cura” del Partito Democratico. In conclusione il renziano può essere definito una versione stupida del berlusconiano.

La disfatta del renzismo in numeri

Alla Camera il PD di Renzi ha preso 6.134.727 voti, 2.511.307 in meno rispetto alle 8.646.034 preferenze prese dal bistrattato Pierluigi Bersani alle elezioni politiche 2013. Un crollo in termine percentuali del 29,04%. La disfatta del PD è più evidente al Senato: si è passati dalle 8.400.851 preferenze di cinque anni alle 5.768.101 di ieri. Il calo è di 2.632.750 voti, pari ad un crollo del 31,33%. Ricordiamo che alle elezioni Europee del 2014 il PD era arrivato al 40%. All’epoca gli elettori ancora non conoscevano la fuffa di Renzi. L’ex premier si è dimesso dalla segreteria del PD il giorno dopo la disfatta elettorale, ma continua a dettare la linea politica del partito. Un comportamento autolesionista che favorisce solo gli avversari e che farà precipitare ulteriormente il Partito Democratico. Dopo aver distrutto in 4 anni un partito, i presuntuosi renziani hanno partorito un’altra strategia puntualmente deficiente e sconsiderata: “tanto meglio tanto peggio”. Non se ne può più di tutta questa mestizia umana e morale. Mettersi in un angolo come bambini mocciosi e sperare nel disastro altrui è tanto infantile quanto politicamente demente. I renziani non hanno capito che le “porcate” fatte in questi 4 anni difficilmente verranno dimenticate dagli elettori.

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