Inps: 22% dipendenti a meno di 9 euro l’ora

In Italia si torna a parlare dell'introduzione del salario minimo. Il 22% dei lavoratori dipendenti delle aziende private ha una retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi. Il salario minimo potrebbe avere un effetto negativo sui sindacati.

Lavori domesticiIn Italia si torna a parlare del salario minimo. Il Movimento 5 Stelle vuole introdurre una paga oraria minima di 9 euro lordi all’ora. Il salario minimo è una paga-base, espressa in genere in termini orari, che per legge deve essere riconosciuta ai lavoratori. Si tratta di una misura che riguarda solo chi lavora. L’Inps ha presentato una memoria nell’ambito dell’audizione in Commissione Lavoro del Senato sul DDL che riguarda il salario orario minimo.

Il 22% dei lavoratori dipendenti delle aziende private ha una retribuzione oraria inferiore a 9 euro lordi, ovvero alla soglia individuata dal disegno di legge sul salario minimo in discussione al Senato. Da questo report sono esclusi gli operai agricoli e i domestici. Il 9% dei lavoratori è al di sotto degli 8 euro orari lordi mentre il 40% prende meno di 10 euro lordi l’ora. L’Istat calcola che con un salario minimo a 9 euro l’incremento medio annuale sarebbe di 1.073 euro l’anno per circa 2,9 milioni di lavoratori. L’aggravio del costo del lavoro per le imprese sarebbe di 3,2 miliardi di euro all’anno. L’Inps sottolinea che quasi tutti i livelli di inquadramento del lavoro domestico hanno un salario orario inferiore a 9 euro. L’Istituto di previdenza chiede di tenere in considerazione “le oggettive caratteristiche del settore anche allo scopo di evitare il rischio di pericolose involuzioni che possono portare all'espansione del lavoro irregolare”. Tra il 2012 e il 2017, spiega l’Inps, il numero dei lavoratori regolari nel settore è diminuito del 15% passando da 1,01 milioni a 864.526 unità.

I dubbi sul salario minimo

Le premesse per introdurre un salario minimo in Italia ci sono già. Di fatto il contratto di prestazione occasionale, in vigore dal 2017, viene a fissare per legge una retribuzione minima oraria(12 euro per il datore di lavoro, 9 al netto dei contributi sociali in tasca al lavoratore) e anche un quantitativo minimo di ore di lavoro da prestare, consentendo peraltro il controllo sulla durata effettiva della prestazione. Il salario minimo potrebbe avere un effetto negativo sui sindacati, indebolendo il loro ruolo e la loro funzione, dal momento che perderebbero la loro importanza almeno nel definire i minimi retributivi. C’è il grande rischio che delle regolamentazioni vantaggiose previste nei contratti collettivi di lavoro(vacanze supplementari, condizioni speciali per i pensionamenti anticipati o la formazione continua) siano sacrificate sull’altare del salario minimo. C’è il rischio che alcune aziende cerchino di liberarsi dei vincoli del contratto nazionale, per poi pagare meno i propri dipendenti senza però violare la legge. In Italia la contrattazione copre circa l’84% dei lavoratori. Il salario minimo non servirebbe per risolvere il problema del lavoro nero o sommerso, la vera piaga dell’Italia.

Salario minimo in UE

Eurostat certifica che a gennaio 2018, ben 22 dei 28 Stati dell’Unione Europea avevano un salario minimo. Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia sono i sei Paesi che ne sono sprovvisti. L’ultimo grande Paese europeo a introdurlo è stato la Germania, nel 2014, che lo ha fissato a 8,50 euro l’ora. In Francia è più alto, 9,60, in Grecia scende fino a 3,30. Nella UE si va dal minimo dei 261 euro mensili della Bulgaria al massimo dei 1.999 euro del Lussemburgo. Il salario minimo caratterizza quei Paesi in cui c'è una limitata copertura dei contratti nazionali o il sindacato è poco rappresentativo. Rispetto al gennaio 2008, le retribuzioni minime nel gennaio 2018 sono risultate più elevate in tutti gli Stati membri con retribuzioni minime nazionali, ad eccezione della Grecia dove sono state inferiori del 14%.

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