Cgia: Autonomi pagano più tasse del web

Gli autonomi pagano più tasse delle aziende che lavorano nel web presenti in Italia. E' quello che emerge da un rapporto della Cgia di Mestre.

Una lavoratriceLe micro e piccole imprese italiane sono costituite principalmente da artigiani, piccoli commercianti e partite IVA. Gli autonomi pagano più tasse del web. Questo è quello che emerge da un rapporto pubblicato dalla Cgia di Mestre. Le micro imprese italiane con meno di 5 milioni di euro di fatturato hanno versato 21,4 miliardi di euro di imposte erariali nel 2019, mentre le aziende che lavorano nel web presenti in Italia hanno versato solo 154 milioni di euro.

Gli autonomi hanno 21,3 miliardi di euro di tasse in più rispetto ai giganti del web. Nel 2019 l’aggregato delle controllate del settore del WebSoft ha registrato un giro d’affari in Italia di 7,8 miliardi di euro, ma al fisco hanno versato solo 154 milioni di euro. Il popolo delle partite IVA ha generato un fatturato di 814,2 miliardi di euro e contribuito al fisco per 21,4 miliardi di euro. E’ evidente che, ormai, ci troviamo di fronte a uno squilibrio del prelievo fiscale tra le piccole e le grandi imprese tecnologiche che la pandemia Covid ha ulteriormente accentuato. Nel 2020 le multinazionali del web presenti in Italia hanno visto una crescita dei ricavi, mentre le micro e piccole imprese italiane hanno avuto una contrazione degli incassi. Il vero problema resta il divario di tassazione tra autonomi e web. Secondo l’Area studi di Mediobanca, artigiani, piccoli commercianti e partite IVA hanno una tassazione attorno al 60%, 27,9 punti percentuale in più rispetto ai giganti del web.

Le controllate presenti in Italia delle principali multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate del 32,1% perché circa la metà dell’utile ante imposte è tassato nei Paesi a fiscalità agevolata. Questa “furbata” legale ha portato un risparmio di oltre 46 miliardi di euro nel periodo 2015-2019. La fiscalità di vantaggio concessa da alcuni Paesi europei non viene sfruttata solo dalle aziende che lavorano nel web, ma anche da grandi player italiani come Cementir, Campari, Eni, Enel, Exor, FCA, Ferrari, Ferrero, Illy, Luxottica Group e altri. Basta trasferire la sede fiscale o quella legale, magari solo di una consociata, all’estero e il risparmio è assicurato. Il libro di Leo Sisti “Il paradiso dei ricchi” parla dei cosiddetti Tax rulings, cioè accordi segreti fra alcuni governi e le grandi multinazionali che, con la creazione di sedi fittizie, possono legalmente evadere o eludere il fisco spostando i redditi in Paesi compiacenti dove, con piccole manovre contabili, vengono tassati in modo assolutamente incongruo. Un libro che consiglio per approfondire la tematica.

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