In Italia si torna a parlare di centrali nucleari

In Italia si torna a parlare di centrali nucleari. L’aumento delle bollette dell’energia ha fatto riemergere i nuclearisti nel nostro Paese.

Centrale nucleareIn Italia si torna a parlare di centrali nucleari 10 anni dopo il referendum del 2011. La Commissione europea ha deciso di inserire il nucleare e il gas tra le fonti d’energia utili all'uscita dal carbone. E’ bastata questa decisione e l’aumento delle bollette dell’energia per far riemergere i nuclearisti nel nostro Paese. Tutti chiedono a gran voce il ritorno delle centrali nucleari. È davvero diabolico tornare a parlare di nucleare in Italia e deprimente dover ascoltare chi lo ripropone.

Oggi, quando parliamo di centrali nucleari, facciamo riferimento alla fissione nucleare, che consiste nella divisione di un atomo: il nucleo viene scisso in due nuclei più leggeri. La reazione genera energia. Questa tecnologia non è indolore: si generano scorie difficili da smaltire. Le quattro centrali nucleari realizzate in Italia sono state dismesse nel 1987 dopo il referendum. 34 anni dopo non sappiamo ancora in quale luogo “sicuro” depositare i rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari di Caorso, Trino, Latina e Garigliano. Ogni bimestre sulla bolletta elettrica paghiamo dei soldi in più che vanno alla Sogin, un’azienda di Stato nata nel 1999 per smantellare le quattro centrali nucleari e gli impianti ex-Enea. Tra i compiti di Sogin, c’è anche quello di individuare un sito per il deposito nazionale dove stoccare in sicurezza i rifiuti a bassa e media attività. Dal 2001 ad oggi 3,7 miliardi di euro sono stati pagati dagli utenti dentro la bolletta elettrica, però solo 700 milioni sono stati utilizzati per lo smantellamento delle centrali nucleari.

1,8 miliardi di euro è stato utilizzato per mantenere in sicurezza i siti, far funzionare la struttura e pagare il personale. I restanti 1,2 miliardi di euro per il trattamento in Francia e nel Regno Unito del combustibile radioattivo. Fino ad oggi è stato eseguito il 30% delle attività. Il deposito nazionale in cui confluire rifiuti e scorie ancora non c’è, ma sono stati pubblicati i 67 possibili siti dove realizzarlo. La spesa prevista è di 2,5 miliardi di euro. Il volume dei rifiuti radioattivi presenti in Italia è pari a 31.751,6 metri cubi, dato aggiornato al 31 dicembre 2020. Tornare a parlare di centrali nucleari in Italia è insensato con la fissione nucleare. Discorso diverso per la fusione nucleare, un fenomeno opposto che avviene con l’unione di due atomi di idrogeno. Si da vita a un nucleo di elio, un gas nobile, chimicamente inerte. Anche in questo caso, la reazione genera energia. Peccato che al momento non esista nessuna centrale che usa la fusione nucleare. Forse se ne riparlerà nel 2050.

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